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DESCRIZIONE DELL’EVENTO DEL 1629 E 1691

descrizione dell’evento, pubblicata nel 1629 e nel 1691, di Fortunat Sprecher.

"Sabato 25 agosto dell'anno 1618 cominciò a piovere e la pioggia, scatenatasi quasi a dirotto con tuoni e lampi durò poi fino al giovedì successivo 30 agosto. Questo fu un giorno assai sereno e sembrava far sperare finalmente un tempo migliore, ma nella notte seguente la pioggia riprese i suoi rovesci con tuoni e lampi e continuò fino all'alba del lunedì 3 settembre. il martedì fu di nuovo sereno, poi nel pomeriggio sul lato sinistro del fiume Mera, dal monte chiamato Conto, dove un tempo si cavavano recipienti di pietra ollare (laveggi) e dove ancora erano visibili le tracce delle caverne, mentre già dieci anni prima, come raccontano gli abitanti di Uschione, un paese il sopra, erano apparse alcune crepe nel monte, cominciò a muoversi parte della frana che sommerse alcune vigne presso Scilano in direzione di Chiavenna. Ma poiché anche altre volte in quello stesso punto si erano verificati frequenti scoscendimenti del terreno, in conseguenza del fatto che i prati situati più in alto sul monte si solevano irrigare e l'acqua poi non era accompagnata via con cura per mezzo di canali i Piuraschi, siccome il franamento si era prodotto a valle del borgo verso Chiavenna, non se ne davano gran pensiero. Coloro però che in quella parte stavano raccogliendo il fieno sul piano si sentirono tremare la terra sotto i piedi. A tali segni alcuni contadini di Roncaglia avvertirono quei di Piuro che lasciassero il borgo perché si preannunciava un gran disastro. La stessa preoccupazione confidò a me in Chiavenna, dove allora mi trovavo in qualità di commissario, un tale che veniva da Piuro a portare dei laveggi. Verso l'ora dell'Avemaria i cattolici si erano raccolti a pregare nella Chiesa di S.Cassiano; similmente per rivolgere preghiere a Dio si era radunata in una casa la maggior parte dei protestanti (ve n'erano quaranta solo nel borgo di Piuro e nella frazione di Scilano): la notizia me la riferirono alcuni di Roncaglia che avevano lasciato il paese a quell'ora per tornarsene a casa.
Ed ecco che proprio sul fare della sera, quando gia si vedeva la luna piena e il cielo era sereno senza una nube, in un attimo (come narrò poi una donna che si trovava in quel momento sopra una vicina altura sulla destra della Mera) il monte Conto crollò con impeto e fragore immenso. Noi, a Chiavenna, udimmo un boato ed un rimbombo non dissimile dal fragore prodotto da molti grossi cannoni sparati simultaneamente. La frana travolse il paese di Scilano, formato da 78 case, e il borgo di Piuro dove esistevano 125 splendidi edifici, e vi rimasero purtroppo sepolte 930 persone. Io, a Chiavenna, udendo quel fragore volsi gli occhi in direzione di Piuro e vidi salire verso il cielo una nuvola di fumo mista a bagliori giallastri. La polvere di quella nube, sebbene Chiavenna disti più di mezz'ora di strada, si posò fin sul mio berretto. E tanta fu la violenza dell'urto che il campanile della Chiesa di S.Maria, dove i protestanti solevano tenere le loro adunanze, dalla riva sinistra della Mera fu sbalzato attraverso l'aria sull'altra sponda e pur tuttavia una delle campane, mirabile a dirsi, rimase intera, mentre nelle altre due chiese dei cattolici, S.Cassiano e S.Giovanni, delle campane si trovarono in seguito sola dei rottami. Anche un blocco di marmo, su cui era scolpito lo stemma di Gerolamo Lumaga, posto in cima all'arco del portale del suo palazzo che era situato sul lato destro della Mera, fu trascinato dalla frana sulla sponda sinistra e li fu ritrovata. Infatti poiché il monte era rovinato con straordinaria violenza e poiché la valle sottostante era stretta, l'onda della frana risalì lungo la pendice del monte di fronte e poi ribaltandosi in aria ricadde sull'altra parte della Mera. il fiume, bloccato per circa due ore, destò grande allarme a Chiavenna per il timore che anche quel borgo potesse essere sommerso dallo straripamento delle acque, ma, grazie a Dio, queste ritrovarono il loro sbocco senza danno per l'abitato. Per l'impedimento del fiume si formò un lago lungo un quarto d'ora di cammina. La lunghezza della frana era pari a mezz 'ora di strada, incerta l'altezza, poco estesa la larghezza.
Dal disastro nessuno uscì vivo. Infatti l'oste Francesco Forni si era recato col muratore Simone Ramada sul pendio del Roveno e perciò i due si salvarono. Scampò anche Battista Planta di Scilano, uomo muto, intento a cogliere delle pesche in un frutteto vicino, tuttavia perse le scarpe nella frana. Gian Pietro Vertemate, soprannominato Fratinolo o Giudeo, era da poco uscito dal paese con la sua famiglia diretto a S.Croce per recarsi sul monte a raccogliere il fieno, ma dimenticatosi di chiudere la porta di casa, rimandò indietro una figlia: così anche questa perì. Il giorno seguente, mercoledì, mi recai sul luogo del disastro accompagnato da una gran folla per disseppellire le vittime. Trovammo affioranti sopra le macerie due ragazze, una era la figlia del podestà di Piuro Gian Andrea Nasan, l'altra sembrava essere la figlia di Gian Antonio Gallegioni. Trovammo pure sulla riva destra del fiume Lorenzo Scandolero, che aveva cenato sulla sponda sinistra: aveva ancora un tovagliolo legato alla cintola e le dita delle mani fasciate per la gotta di cui soffriva. Giano Cristoforo, un cavallante della Val Sursette, che aveva comprato del vino a Piuro, era morto sotto un albero di fico e sporgeva dal terreno solo dai fianchi in su. Guglielmo Vertemate fu trovato circa tre mesi dopo seduto sulla sua poltrona. Fu estratta un'ancella che teneva ancora in mano il pollo che stava spennando ed aveva un pezzo di pane sotto l'ascella.
Rese più grave la sciagura anche il fatto che molti Piuraschi, i quali avevano dimorato a lungo in terre lontane, erano tornati in quei giorni al loro paese come alla sepoltura, quasi ve li trascinasse il destino. I Vertemate Franchi, tutti e sette gli adulti, si trovavano a Piuro da poco: Nicolò, che aveva fatto la cura delle acque minerali nell'alta Engadina, tornò proprio quel martedì fatale verso mezzogiorno; nel medesimo giorno venne a Piuro, dal suo palazzo di Roncaglia, Gian Battista e, appena un quarto d'ora prima del disastro, proveniente da Delebio in Valtellina, vi giunse Ottavio con la moglie per morire uniti Alcuni mercanti piuraschi tornando dalla fiera di Bergamo, furono sommersi dalla frana non pure nel borgo, verso dove s'affrettavano, ma nelle sue vicinanze. Così un destino inevitabile li raccolse insieme quasi tutti. Nei paesi vicini, a Castasegna, a Villa e nelle contrade degli Scatani e dei Perari, due giorni innanzi e lo stesso giorno della sciagura le api erano volate via dai loro alveari".

 
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